Stephen King – Il miglio verde

Nel penitenziario di Cold Mountain, lungo lo stretto corridoio di celle noto come “Il Miglio verde”, i detenuti come lo psicopatico “Billy the Kid” Wharton o il demoniaco Eduard Delacroix aspettano di morire sulla sedia elettrica, sorvegliati a vista dalle guardie. Ma nessuno riesce a decifrare l’enigmatico sguardo di John Coffey, un nero gigantesco condannato a morte per aver violentato e ucciso due bambine. Coffey è un mostro dalle sembianze umane o un essere in qualche modo diverso da tutti gli altri?

Più volte Stephen King ci ha proposto, all’interno dei suoi romanzi e racconti, temi sociali riguardanti il presente, il passato e, perché no, anche il futuro della nostra società. Se con Carrie è stato in grado di sbattere in faccia a tutti il tema del bullismo, negli ormai lontani anni 70‘, con il Miglio verde è stato capace di mostrare un lato delle carceri, dove l’esecuzione capitale era la in agguato, nascosto agli occhi di chi addetto ai lavori non è. È considerato uno, se non il primo, dei più grandi capolavori di una sterminata bibliografia che ha messo sempre al centro quei temi e situazione cui probabilmente un altro scrittore avrebbe evitato. Chi sono questi condannati? Qual è a loro storia personale? Siamo davvero sicuri si trovino nel posto giusto? Che impatto ha su una guardia questo interagire con coloro che sono in tutto e per tutto cadaveri che camminano e respirano? Sono queste, a mio modo di vedere, le domande che lo scrittore statunitense si è posto prima, durante e dopo la stesura di questo suo capolavoro. Ho scritto “dopo”, certo, non è un errore di battitura. Chiediamoci tutti, amici lettori, che impatto possa avere avuto sull’emotività di King il Miglio verde. Sono domande che spesso non ci poniamo ma l’impatto emotivo durante la stesura, e io ne so qualcosa avendo nel mio piccolo scritto e pubblicato un romanzo non molto tempo fa, costringe a trovare una figura a cui aggrapparsi per evitare di cadere in disperazione come molti dei condannati a percorrere quell’ultimo miglio. Che sia il gigante John Coffey o il piccolo topolino ammaestrato di nome Mister Jingles poco importa, lo scrittore, credo avesse bisogno per sé di un aggancio positivo che lo allontanasse da quello strazio di penitenziario. Credo di aver visto venire fuori la sua emotività probabilmente come mai prima d’ora. Far narrare la storia in prima persona da un ormai vecchio Paul Edgecombe ne è una controprova: serve un distacco anche temporale da tutto quanto accade in quel 1932 e questi tre personaggi sono stati in grado di aiutare uno scrittore come sempre magnifico che continuo, e non sono il solo, ad ammirare come nessun altro.

Punteggio:

Armando

2 Risposte a “Stephen King – Il miglio verde”

  1. Ciao Armando, sono Francesca A. Vanni 🙂
    Io adoro tutti i libri di King, e questo anche per me vale 5 stelle perché in questo libro (che fra l’altro era uscito a puntate) ci sono tantissime tematiche che poi si ritrovano in altri romanzi del Re: riscatto personale, “magia”, odio, razzismo, redenzione.
    Bella recensione.
    Un abbraccio!

    1. Ciao Francesca, benvenuta sul mio blog. È un piacere potermi confrontare con te anche qui :). C’è in questa edizione da me letta, quella della Pickwick, una bella introduzione del nostro caro Zio Stephen. Racconta di come è nato il Miglio verde, pubblicato a puntate così come faceva Dickens. Un vero e proprio capolavoro questo romanzo. Ti ringrazio per il tuo prezioso intervento, un abbraccio 🙂

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.