Piccola e media editoria: dove andrà a finire la cultura?

Con l’avvento del self publishing la mala editoria sembra essere stata frenata. Molti autori, esordienti e non, dopo aver vissuto una pessima esperienza con una di quelle che si reputano case editrici, valuteranno la possibilità di pubblicare in piena autonomia il proprio lavoro. Certo, si spera che una grande casa editrice possa mettere gli occhi sullo stesso. Quest’ultimo punto dipende non solo dall’approccio dell’autore verso la divulgazione del proprio scritto, con partecipazioni a eventi e presentazioni, ma da un aspetto forse poco preso in considerazione: l’originalità. È quello che serve per poter smuovere un mercato saturo. A pesare in tutto ciò è la carenza di lettori. Si pubblica tanto ma si legge sempre troppo poco. Proviamo, noi autori, a smuovere questa inerzia, proponendo e proponendoci in una veste diversa dal solito. L’autore, o lo scrittore se preferite, sembra essere una figura lenta, avvolte monotona, non in grado di coinvolgere, d’incuriosire. Forse è proprio questo aspetto a dover cambiare radicalmente. Dimostriamo che la lettura, e la cultura, possono essere divertenti e alla portata di tutti. C’è bisogno di cambiare radicalmente il modo d’approccio, il rapporto che si va a instaurare non solo con i lettori ma con i curiosi che si avvicineranno per la prima volta alla nostra figura e al nostro libro. Probabilmente l’autore deve osare di più, è troppo statico dietro quel tavolo che crea, a conti fatti, un distacco con la platea che ha davanti. Proviamo ad abbattere questo muro, avviciniamoci alla gente, mostriamo il nostro entusiasmo verso la lettura prima e verso la scrittura poi. Naturalmente, non sono sicuro della buona riuscita di ciò ma… cosa abbiamo da perdere? Proviamo a smuovere il sistema dall’interno, proponendoci come figure vicine, piuttosto che come semplici nomi anonimi sulla copertina di un ennesimo libro buttato in un angolo delle nostre meravigliose librerie a prendere polvere.  

Armando

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