Le due facce della solitudine – Un eterno duello sociale: la solitudine della donna

Quello riferito alla solitudine è un dibattito che prosegue ancora oggi. Tra le varie visioni proposte sia in epoca classica che in quella moderna, ha risultare una costante è la situazione della donna.

Facendo una analisi nemmeno troppo dettagliata, ripercorriamo le tappe più significative che hanno accompagnato la donna fino ad arrivare in questo XXI secolo.

Osservando bene questo cammino, ci si accorge subito che la sua solitudine risulta molto diversa rispetto a quella dell’uomo. Ciò la si può imputare a quella impostazione, o in questo caso la possiamo definire meglio come imposizione, data dalla società da quel maschio da sempre al comando. Il tutto è rapportabile, oggi come ieri, alla considerazione che si ha della donna. L’inferiorità alla stessa impropriamente conferita nasce, come la solitudine stessa, in quella preistoria dove la presenza fisica era la costante principale.

Il più forte aveva il ruolo di comando tra i maschi, alle femmine il compito di prendersi cura della prole, lasciando le stesse ai margini di quelle prime comunità. Gettando uno sguardo sia nella storia che nel nostro quotidiano, le cose non sembrano essere cambiate poi così tanto da quell’epoca ormai remota. La situazione della donna, così come quella della solitudine, continua ad essere legata a una visione di inferiorità, al tempo, indicata in base a una minore prestanza fisica rispetto a quella del maschio.

Nonostante ci si trovi a vivere una condizione di vita ben diversa, la donna continua a condurre un’esistenza all’interno di quel limbo a cui venne confinata prima della nascita della parola.

Certamente isolata dal contesto sociale non lo è più ma, allo stesso tempo, la stessa continua a essere lontana da quelle posizioni chiave a oggi ricoperte quasi esclusivamente da figure maschili.

Aurelio Masi ci indica quattro punti fondamentali, atti a poter comprendere una situazione assurda in un’epoca dove l’intelletto dovrebbe scalzare definitivamente la forza bruta, utopica:

  • Condanna al silenzio;
  • Inferiorità;
  • Sottomissione maschile;
  • Imposizione di maternità.

Per quanto i quattro punti proposti rasentino, in un certo qual modo, il cinismo, è bene affrontare gli stessi con una freddezza uguale e opposta in relazione a chi, nel corso del tempo, non solo li ha proposti ma, con la loro esposizione, ne ha indicato la via maestra.

La costrizione subita dalla donna sembra rientrare certamente all’interno della Solitudine distruttiva ma, nel caso in esame, sfumando in una nuova negatività che potremmo definire come Solitudine indotta da fattori esterni non derivanti dalla volontà della stessa. Nel caso in esame, alla stessa donna vengono preclusi alcuni dei diritti fondamentali, tra cui quello di parola all’interno di vicende chiave capaci, in alcuni casi, di sconvolgere il Mondo.

Ovunque si poga lo sguardo, la donna è costantemente in minoranza, relegata a un ruolo troppo marginale per poter etichettare il nostro sistema societario come giusto ed equilibrato.

In questo caso, nonostante si sia trovato un modo per usufruire di esso, il termine solitudine non sembra essere probabilmente quello più esatto con cui la donna, in qualunque punto della storia e geografico essa sia collocata, sta facendo i conti.

Attribuire la sua situazione a uno stato d’animo sembra essere la chiave di lettura più semplice per chi non vorrebbe mai vedere una donna in una posizione di rilievo.

Quelle poche che con caparbietà e sacrificio sono riuscite a scalare la vetta sociale devono costantemente guardarsi le spalle da quella classe dirigente in giacca e cravatta capace di tutto pur di tenere per sé un potere che, a conti fatti, non gli appartiene di diritto.

Sta a tutti noi educare le giovani generazioni in modo che tale emarginazione venga una volta per tutte debellata. Come per altri aspetti, che affronteremo più avanti, la solitudine è utilizzata impropriamente come alibi, assolutamente lontana, nonostante si riesca, così come abbiamo visto poc’anzi, a conferirle il ruolo principale nella questione, dalla situazione e dal contesto esposto.

Armando

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