Le due facce della solitudine – Motori a scoppio

È con la seconda rivoluzione industriale che la solitudine inizia a cambiare radicalmente le sue fattezze. La fine del XIX secolo segna per sempre il cammino dell’uomo verso quel futuro fino a quel momento soltanto ipotizzato dagli scrittori più talentuosi del tempo. Il cavallo, amico fedele dell’uomo, nonché mezzo di trasporto per eccellenza, sta per lasciare il posto a uno strumento meccanico freddo e rumoroso, capace di far percorrere lunghe distanze in meno tempo.

A farne le spese è quell’empatia, quasi una simbiosi con quella parte del regno animale con cui l’uomo, sin dalla invenzione della ruota, era diventato un tutt’uno. Il contatto con la natura inizia a venire meno. Ciò sembra trascinare il melodioso suono del silenzio, tipico dell’era preindustriale, e la solitudine costruttiva, di quel viaggio divenuto oggi troppo frastornante, in un abisso troppo rumoroso per permettere all’essere umano di apprezzare la compagnia di sé stesso.

Come sappiamo, l’uomo è in grado di adattarsi anche ai cambiamenti più repentini e radicali… almeno in apparenza.

In questa Era fatta di rumore artificiale, l’umanità inizia un nuovo percorso dove il benessere e i comfort, sebbene non ancora a disposizione di tutti, faranno progressi sorprendenti.

La diffusione della carta stampata raggiunge livelli mai immaginati prima. La stessa si trasforma in una sorta di zona confortevole, dove ancora il silenzio è in grado di dire la sua, dover potersi isolare, premettendo al lettore di utilizzare una delle sue armi migliori: L’immaginazione.

Ricreare il mondo descritto all’interno dei romanzi del tempo permette l’accrescimento dell’ingegno di quel soggetto che continua, nonostante un mondo in continua meccanizzazione, ad aprire le porte di comunicazione con sé stesso. Tutto questo inizia a venire meno. Il rumore prodotto dai nuovi mezzi meccanici inizia a mettere sotto stress l’uomo di fine ottocento.

Quest’ultimo, adesso, è troppo occupato nel lavoro, nell’arrivo a quella vetta fatta di posizioni prestigiose all’interno delle nuove aziende nascenti nei settori più disparati e del tutto inediti. Queste hanno dalla loro parte la garanzia di una vita migliore.

Infatti, sono loro a promettere comfort e uno stile di vita in un passato, nemmeno poi così remoto, prerogativa della nobiltà e del clero. Inizia da qui l’ascesa di una nuova vita, dove il pensiero viene imprigionato da un progresso ben lontano dal benessere tanto promesso.

Certo, queste nuove possibilità permettono a quell’uomo, ormai a un passo da quel XX secolo che fa sognare meraviglie, di vestire meglio, mangiare meglio, godere di nuovi servizi e di buone (o cattive) compagnie.

Tutto ciò a discapito di sé stesso. Il tempo da trascorrere con sé stessi si è notevolmente ridotto. Quel poco a disposizione di questo uomo moderno è riempito dal fastidioso rumore dei mezzi meccanici, seppur non ancora onnipresenti, in transito.

Da questo momento storico in poi si possono dare i natali alla sua versione moderna, quella considerata all’interno di questo lavoro come Solitudine distruttiva.

Questo nuovo stato d’animo, seppur presente in altre forme in passato, nasce dall’impossibilità di godere della solitudine, accompagnando la stessa con quel prezioso silenzio non più il benvenuto in società.

In questo momento storico, l’umanità sembra essere destabilizzata, impedita, dai mezzi creati dalla stessa, nel vivere la propria solitudine in tranquillità. In questo secolo fatto di innovazioni, probabilmente più che in passato, a farsi largo all’interno dell’intimità dell’essere umano è un mostro di cui abbiamo già fatto la conoscenza: la depressione.

La mancanza di silenzio, precluso dalla modernità, non permette più all’uomo un confronto con sé stesso. Lo costringe a ricercare una pace fittizia nella folla.

La speranza è quella di trarre da essa un beneficio in grado di schermare, magari con quello stesso rumore, i dolori di una esistenza troppo diversa da quella ipotizzata. Inizia una nuova Era. La si potrebbe definire quella della corsa.

L’essere umano è costretto, o probabilmente si costringe, a correre troppo velocemente rispetto alle sue caratteristiche primordiali. Sebbene diverso nell’aspetto e nei comfort da esso creati per il suo benessere, la sua velocità sembra essere settata, come per la solitudine, ancora oggi a quel tempo battezzato come preistoria.

Armando

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