Le due facce della solitudine – L’emarginazione scambiata per solitudine

(L’emarginazione) esclusione da una società, da una comunità, dalla partecipazione ai diritti e ai benefici di cui altri godono e che dovrebbero essere comuni a tutti: il fenomeno dell’e.; l’ingiusta e. degli anziani dalla vita attiva della società; e. sociale, come esclusione dal ciclo produttivo e dal mondo del lavoro, con conseguente isolamento individuale e di gruppo; l’e. culturale provocata dall’analfabetismo e dall’indigenza.

Tratto da enciclopedia Treccani

Alla luce delle situazioni fin qui proposte al lettore, dove i giovani in maturazione e la donna sono stati i protagonisti, non si può non fare riferimento a quel fenomeno capace di destabilizzare le vite di coloro i quali non possono, o non riescono, a condurre le proprie vite lontano da ben determinati contesti. L’emarginazione è una piaga sociale vecchia quanto il mondo.

Non è, a differenza della solitudine, uno stato emotivo, ricercato o meno in base alle vicissitudini di vita a cui il soggetto è sottoposto. È una imposizione, fisica o psicologica, da parte di uno o più soggetti facenti parte, come lasciato intendere in precedenza, di una piccola o grande comunità. In altre parole, l’emarginazione è riferita a quel dato contesto, non intesa quindi a trecentosessanta gradi.

Il protagonista emarginato viene invitato a star fuori da quel gruppo di persone per i motivi più disparati: incomprensioni; forzatamente; considerato non idoneo per condividere argomenti e spazi; volontà di non farsi carico dei suoi bisogni. A fare la differenza tra emarginazione e solitudine costruttiva è il sentimento d’affetto che lega il soggetto emarginato dalla comunità da cui viene escluso.

In questa analisi ci soffermeremo su un aspetto tanto dibattuto, su un fenomeno divenuto quasi una consuetudine all’interno della nostra società. La chiameremo L’emarginazione dell’anziano. Un testo in particolare si occupa della situazione vissuta dalla terza età con una delicatezza sublime, capace di aprire i cuori e di far riflettere una società troppo impegnata a produrre, non si sa bene cosa, a discapito delle generazioni precedenti alla nostra:

Il corpo è luogo fisico e concreto di ogni patimento… anche la sofferenza psichica e quella esistenziale vengono percepite attraverso gli strumenti e le sensazioni del corpo…  

Lucio Della Seta

Tratto da: il tempo della solitudine di Masal Pas Bagdadi

Apre con questa citazione Il tempo della solitudine, un testo magnifico, scritto da una autrice che ha fatto della delicatezza in suo diktat letterario, Masal Pas Bagdadi.

In sua compagnia affrontiamo una tematica nascosta da un velo fin troppo sottile, in grado di lasciare intravedere quel mondo a cui tutti noi saremo soggetti in futuro. È il titolo, a parere di chi scrive, ad essere imperfetto.

All’interno delle case di riposo gli anziani ospiti non sono soggetti alla solitudine. Tra inservienti, medici, infermieri e la preziosa presenza degli psicologi, a tutto vanno incontro gli ospiti di queste strutture men che meno alla solitudine. La sensazione di essere stati scaricati dagli affetti più prossimi, come roba vecchia e inutile; l’allontanamento non volontario, in quasi la totalità dei casi, da un luogo familiare come la propria casa; la sensazione di aver maturato un’esperienza lunga una vita e non apprezzata; il vedersi preclusa la possibilità di partecipare a quella comunità familiare iniziata proprio dallo stesso ospite di quel luogo, a conti fatti sconosciuto; le frustrazioni riguardanti una scelta, quella di avere una famiglia come scopo di vita, rivista adesso in negativo, capace di peggiorare un quadro clinico già alterato dal trascorrere del tempo.

Tutto questo sembra riportare a quel fenomeno sociale che prende il nome di emarginazione. L’anziano viene messo al bando da quella stessa comunità da lui creata, costretto a ricercare attenzione, affetto e ascolto da coloro i quali non si trovano in sua compagnia in modo disinteressato, bensì previo compenso.

Questa ultima considerazione, che possiamo annoverare come un dato di fatto, va a demotivare, ferire e mettere il punto esclamativo sulla vita del soggetto e sulle reali intenzioni della società nei confronti del sistema messo in piedi dalla stessa.

Volendo dare una ulteriore definizione di tali strutture, le si potrebbe considerare Le case dell’emarginazione, dove l’ospite si trova a poter godere di tutti i confort di vita e del prezioso aiuto di un personale specializzato al suo servizio, atto a nutrire il corpo ma non di certo in grado di curare quel malessere interiore arrivato a logorarlo.

Per l’ospite poco importerà il servizio a cui verrà sottoposto. Neanche il cortile più bello e curato sarà in grado di deviare il suo pensiero da quel tradimento arrivato dagli affetti più prossimi. Per molti di loro, incapaci di reagire a questo inaspettato stravolgimento di vita, l’emarginazione si trasformerà in un mostro ancora più crudele e spietato, capace di nutrirsi del corpo e del pensiero di quell’essere umano ormai alla sua mercé: la depressione.

Da emarginato a depresso il passo sembra fin troppo breve. Naturalmente, modi e tempi di quella che è a tutti gli effetti l’annientamento di un individuo sono diversi da situazione a situazione e da soggetto a soggetto. Fatto sta che la conclusione del percorso sembra, purtroppo, la medesima. Lasciamo al lettore una domanda su cui riflettere:

Se fosse avvenuto un lavoro introspettivo, basato su quel sentimento umano definito come Solitudine costruttiva, il risultato finale sarebbe stato il medesimo?     

Armando

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