Le due facce della solitudine – La strega cattiva

Come per qualsiasi altra situazione sconosciuta, probabilmente, nel nostro caso, scomoda, la società preferisce etichettare in negativo uno stato d’animo a cui semplicemente non viene data, a tutti noi, una istruzione atta farlo lavorare nel miglior modo possibile.

Come abbiamo visto in precedenza, il mancato supporto della solitudine da parte di quegli strumenti adeguati trasforma la stessa in una sorta di entità ignota.

Ciò, inevitabilmente, trasforma questo stesso stato d’animo in un vero e proprio trauma, che con sé porta paure e sofferenze da cui il soggetto sarà perseguitato costantemente.

Senza le dovute presentazioni, la solitudine si trasforma nella strega cattiva, tanto temuta quanto sconosciuta. Eppure la stessa è un’arma, se non l’unica nell’arsenale dell’essere umano, capace di forgiare la personalità di un individuo.

Come abbiamo lasciato intendere nel corso di questo lavoro, prima di far parte di un contesto, un gruppo o lo si chiami come si vuole, l’essere umano è prima di tutto un essere unico. Questo è un dato di fatto, non una ipotesi.

Il grosso problema arriva nel momento in cui lo stesso viene “invitato” a entrare in società.

Potrebbe essere questo “battesimo” a dare forma alla solitudine?

In una società ormai indirizzata verso la standardizzazione, pensare con la propria testa significa scendere in guerra contro i canoni contestualmente accettati.

Naturalmente ciò è possibile se a monte c’è un lungo percorso di acculturazione generale, vario e articolato, dove lo stesso soggetto arriva a preferire il confronto allo scontro.

Fatto ciò, si può partire per un lungo cammino dove il confronto non sarà sempre facile. Infatti, i nostri modi di fare saranno soggetti all’inevitabile parere negativo da parte del prossimo. La nostra figura, divenuta per molti versi introversa per mezzo del tempo trascorso in compagnia di noi stessi, sarà associata alla visione negativa di quella stessa solitudine, capace di insinuarsi come un virus all’interno del nostro pensiero e nei meandri più reconditi della nostra coscienza.

Riprendendo il titolo dato a questo paragrafo, visti dall’esterno sembreremo, agli occhi del mondo, sotto l’incantesimo di una strega cattiva capace di ammaliarci, pronta a mettersi tra noi e la società che ci circonda.

Veniamo condannati come colpevoli, soltanto perché si gestisce il tempo in modo diverso.

Come già affermato in questa sede, manca la cooperazione tra individui, attratti da una convivenza sana. Tutto questo lo si può rapportare a quelle favole classiche dove un presunto bene e un presunto male entrano in competizione, in alcuni casi fino a promettersi la morte.

Entrambe le figure preferiscono vivere la propria esistenza affrontandosi a colpi di spada e urla di guerra. Eppure, basterebbe, chissà, lasciare le armi in un angolo per un momento e (semplicemente) cercare quel dialogo che manca tra le parti. Così facendo si apre la possibilità di capire se i nemici possono trarre benefici l’uno dall’altro; se discutendo non si venga a creare, tra coloro che si considerano diversi, empatia, nata magari da episodi simili in una infanzia dimenticata con troppa facilità.

Una apertura in tal senso arriva proprio da quel mondo delle favole citato poc’anzi. Lo stesso sembra voler, in questo XXI secolo, accantonare il principio base che tanto ha reso famoso questo mondo. È la Disney a voler invertire la rotta, preferendo a cappa e spada la possibilità di un dialogo.

A raccontare la sua versione dei fatti è una cattiva per antonomasia, quella strega conosciuta e temuta, cooprotagonista nel film di animazione La bella addormentata nel bosco, nella sua versione uscita nelle sale nel 1959. Malefica rappresenta il male puro, pronta a tutto pur di distruggere la vita di Aurora e della sua regale famiglia.

Tutto cambia nel 2014 quando la stessa Disney riprende la favola battezzando la stessa Malefica come protagonista della nuova pellicola. Maleficent – Il segreto della bella addormentata dà voce a colei a cui la parola era stata negata più di mezzo secolo prima. Questo nuovo modus operandi sancisce un taglio netto con il passato e, di conseguenza, va a ridefinire i ruoli dei personaggi apparsi come vittime buone della strega cattiva.

Questo invito al dialogo potrebbe permettere una apertura capace di sancire un nuovo inizio, un nuovo corso dove la presenza in società viene migliorata dalla cooperazione e da quel ritiro solitario in grado di dar voce a quel lato umano più intimo e complesso, incompreso per tanto, troppo tempo.

Armando

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