Il lavoro proposto ha cercato di dare un volto a quella che è la vera natura della solitudine. Uno stato d’animo a cui tutti gli esseri umani, chi prima chi dopo, sono soggetti all’interno del cammino della vita. Allo stesso modo, gli stessi vivono tale condizione in maniera del tutto soggettiva, autonoma.
C’è la possibilità di incontrare individui a loro agio in compagnia della solitudine, così come è possibile fare la conoscenza di persone terrorizzate dalla presenza della stessa. È uno stato d’animo vecchio quanto il mondo.
Persino i nostri antenati, uomini delle caverne, venivano, nonostante non ancora Sapiens, già colpiti da questa sensazione.
Come abbiamo visto, in relazione alla solitudine, noi esseri umani moderni non siamo poi così diversi da loro. Viviamo ancora tale stato emotivo in maniera primordiale, nonostante lo stile di vita sia radicalmente cambiato rispetto a quei tempi così remoti.
Con il passare dei millenni, con evoluzione, i filosofi più importanti della storia si sono interrogati sulla questione, cercando di dare un senso a quello descritto troppo spesso, probabilmente cadendo in errore, come un sentimento negativo per la condotta di vita. A predominare sembra essere quello che abbiamo definito come il primo volto della solitudine, quello distruttivo. Lo stesso sembra essere mutato, nei casi specifici che abbiamo analizzato all’interno di questo lungo cammino, in quella maledetta solitudine capace di annientare, probabilmente più di altre, l’essere umano.
Questo primo volto può avere, a sua volta, ulteriori sfumature. È in grado si prendere nuove forme, nutrendosi, se possiamo servirci di questo termine, della negatività subita interiormente o esteriormente dal soggetto colpito, suo malgrado, da una sventura arrivata in maniera del tutto fortuita, o creata per mezzo di una cattiva gestione di vita.
Le storie di vita di Elvis, Marylin e Primo rendono bene le sfumature negative che la stessa maledetta solitudine può esprimere.
Al contrario, esiste un lato nascosto di questo stato d’animo. Volendo fare un paragone con un corpo celeste a noi vicino, questo secondo volto della solitudine lo si può paragonare a quello da sempre nascosto agli occhi umani della nostra bella luna.
La solitudine costruttiva rappresenta il raggiungimento di un equilibrio di vita poco considerato. Questa seconda variante sembra svilupparsi nel momento in cui l’essere umano inizia a dedicare del tempo (costruttivo) ascoltando e prendendosi cura di sé stesso.
Lo fa assecondando le sue passioni e ambizioni, diventando a tutti gli effetti il migliore amico di sé stesso. Così facendo, riesce a entrare in simbiosi con il suo lato più intimo, apre alla possibilità di conoscersi meglio e andando a correggere, laddove è necessario, quegli errori commessi durante il suo percorso di vita.
Fare ciò, come abbiamo spesso ripetuto, non significa estraniarsi dal contesto sociale in cui si vive, evitando i contatti umani o il confronto (costruttivo) con terzi. Iniziare un percorso introspettivo significa ricavare del tempo per poter stare con sé stessi. Soprattutto in questi tempi moderni, sappiamo bene quanto tempo viene speso inutilmente, investito in perdita in attività del tutto fini a sé stesse. Basterebbe dedicare meno tempo, nel corso della giornata, allo smartphone o alla televisione per poter ricavare agilmente del tempo da dedicare a quella descritta come la beata solitudine.
Se questo aspetto sembra andar bene solo per il più giovani, il discorso non è di loro esclusiva fruizione. Lo stesso va indirizzato anche agli adulti. Sappiamo bene quanti nuovi impegni arrivano nel momento in cui si mette su famiglia. In questo caso, l’essere umano sembra così preso dal nuovo nucleo familiare tanto da trascurarsi completamente.
Sono soprattutto le donne a pagare a caro prezzo tale situazione, dimenticandosi della loro soggettività, dedicandosi anima e corpo a quei due termini che adesso la identificano come mamma e moglie. Loro, più di altri, rischiano di annullarsi a tal punto da vivere, in un futuro non troppo lontano, quella maledetta solitudine di cui abbiamo ampiamente discusso.
Non è stato facile, per chi scrive, parlare di tale stato d’animo in questi termini. La solitudine è un sentimento così profondo e privato che dare pareri o consigli in merito rischia di far passare chi si cimenta in tale situazione come nient’altro che un saccente.
Eppure, confrontarsi su una tematica così complessa potrebbe risultare il punto di svolta in grado di far riflettere.
Se, come abbiamo compreso, la maledetta solitudine è soggetta a eventi esterni, non è detto che la stessa non sia in grado di prendere forma quando le privazioni del soggetto diventano sistematiche. Può, infatti, trasformarsi in un malessere preso, come abbiamo ripetutamente affermato, scarsamente in considerazione fino a quando non diventa un problema insormontabile.
Per quanto possa essere difficile, l’Homo Sapiens dovrà, in un futuro prossimo, provare a gettare uno sguardo verso quel lato sconosciuto e temuto. Sarà costretto a intraprendere un cammino mano nella mano prima con sé stesso, dove la solitudine costruttiva non aspetta altro che farsi conoscere.
Sarà questa sconosciuta a mostrargli un universo introspettivo capace di stravolgere la vita di quel bipede legato, in questo caso erroneamente, alle origini.
Armando