La questione del doping: altri sport

Mentre tutti si scagliano contro il mondo del bodybuilding professionistico, e con molta ignoranza contro quello degli integratori senza un motivo plausibile, gli altri sport sembrano essere immuni, o quasi, da quella valanga di fango che distrugge senza se e senza ma queste attività. Tutti gli sport praticati a livello agonistico, senza distinzione alcuna, sono affetti dal cancro del doping. Ho già detto in articoli precedenti che in un mondo dove i soldi fanno la voce grossa gli atleti, allenatori e tutti gli addetti ai lavori non possono fare altro. Probabilmente gli stessi negheranno le evidenze a denti stretti. Magari preferiscono inchinarsi a questo modus operandi a favore dello spettacolo e degli introiti economici che ne derivano senza curarsi della salute degli atleti, cosa che sembra non interessare neanche a questi ultimi. Tutto ciò cosa comporta? Non c’è alcun riguardo verso l’atleta e la sua salute. Non importa cosa in futuro porterà tutto quello schifo che sarà costretto a iniettarsi o ingurgitare durante tutta la sua carriera. La gloria, a detta loro, è fatta anche di queste “piccole” cose. Quello che sto cerando di fare con questo articolo non è il classico puntare il dito su queste pratiche antisportive usate da squadre, federazioni e quant’altro. Se tutto ciò accade è anche per colpa nostra, dei tifosi, appassionati e tutti coloro che seguono queste discipline in TV o recandosi con le famiglie presso stadi e palazzetti. Dopo il mio allontanamento dal calcio, per un motivo diverso da questo (http://armandolazzarano.altervista.org/lo-sport-eccellenza-italia-calcio-le-mie-considerazioni/) ma dove comunque il doping è presente, non posso non fare le dovute considerazioni in un caso che ci vede tutti complici di un sistema che fa quel che vuole ma che allo stesso tempo senza di noi appassionati crollerebbe come un castello di carte. Quindi vi chiedo, alla luce di tutto ciò: come si può educare un bambino alla visione di quel determinato sport se lo stesso è infettato da un cancro così acuto? Cosa capirà una volta appreso che quelle sostanza rendono questo “campioni” i più forti del mondo, ricchi e famosi? Cosa farà in futuro per arrivare anche lui a quei risultati visiti sul piccolo schermo? Dovremmo tutti partire da queste domande e ritornare, magari e la volta buona, a quei principi che oggi sono completamente spariti nello sport e all’interno della nostra società. Come può esserci un valore se prendiamo per buone queste pratiche negative lasciando passare il messaggio che “è una cosa normale!”, perché è così che è visto non solo da ragazzo in crescita ma, soprattutto, da quegli adulti che per passare una serata davanti alla televisione non prendono provvedimenti. I provvedimenti infatti, e io ne sono un esempio, non arriveranno se non c’è una collettività forte pronta a schierarsi contro tutto questo. Sarò ripetitivo, questo lo so, ma è necessario puntualizzare sempre più spesso queste mie considerazioni. Non c’è un collettivo atto a debellare questa malattia, il doping nello sport, ma al contrario c’è un collettivo pronto a fregarsene altamente in nome di quell’ora ricreativa davanti uno schermo dove il falso regna sovrano.

Armando

 

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