Nessuno conosce l’identità del serial killer, detto “il macellaio”, che terrorizza New York: solo un uomo, un sensitivo, dichiara in una trasmissione televisiva di essere sulle tracce del mostro. È l’inizio di un incubo.
Un’avventura veloce, velocissima, condita da quella suspense a cui il caro Dean Koontz da sempre ci ha abituato. Manca, probabilmente, a Il volto della paura quella parte macabra, forte e diretta. Non che in questo lavoro non sia presente un impatto horror ma, a differenza di altri romanzi dello stesso autore, in questo caso il terrore sembra essere rimpiazzato da qualcos’altro. Più che soffermarsi sul sangue, l’autore statunitense invita il lettore a confrontarsi con sé stesso, con le sue paure più remote, Sono le vertigini, in questo caso particolare, a essere le vere protagoniste della vicenda. Solo successivamente l’assassino diventa parte integrante del romanzo, protagonista/riserva in un testo che risulta, a conti fatti, non omogeneo. Il carattere e le caratteristiche del protagonista, dell’inseguito, non vengono approfondite al meglio. Di lui ci viene raccontato lo stretto necessario per poter far parte della partita. Per quanto riguardo i coprotagonisti sembrano essere messi ai margini del racconto. Sono presenti, figure definite ma che non sembrano dare forza al contesto. La lettura corre come un cavallo impazzito grazie, così come il maestro Koontz ci ha insegnato, a una narrazione pulita, da manuale, in grado di far procedere senza intoppi quello stesso lettore ai margini per quasi tutto il tempo passato in compagnia de Il volto della paura. È un Dean Koontz diverso, forse distratto da qualche nuova idea per potersi accorgere di queste lacune. Un romanzo certamente non da buttare via ma, a differenza dei capolavori dell’autore, un gradino, forse anche due, sotto rispetto al potenziale mostrato dal maestro dell’horror.
Punteggio:
Armando