Sōji Shimada – Gli omicidi dello zodiaco

Siamo in Giappone sul finire degli anni Trenta. Heikichi Umezawa, un uomo assai ricco, artista eccentrico, appassionato di astrologia e alchimia, una giovinezza trascorsa a Parigi, una vita all’insegna dell’occultismo, dell’estetismo e del lusso, viene ritrovato morto, il cranio sfondato da un oggetto appuntito, nel suo studio chiuso a chiave dall’interno. È mattina e ha nevicato per tutta la notte, non ci sono tracce e tutti i possibili sospetti hanno alibi di ferro. L’ artista ha appena completato l’ultimo di una serie di dipinti di soggetto astrologico. Ma soprattutto, tra gli appunti di Umezawa, gli inquirenti scoprono un progetto assurdo e mostruoso: la creazione di Azoth, l’essere femminile perfetto, assemblando parti del corpo di due sue figlie, due figliastre e due nipoti. Ognuna di queste ragazze, tutte vergini comprese tra i diciotto e i venticinque anni, appartengono a segni astrologici diversi e ideali per formare la creatura che costituisce l’ispirazione e il sogno di ogni alchimista. Il fatto è che, poco tempo dopo la morte dell’artista pazzo, le sei ragazze Umezawa vengono effettivamente uccise e ritrovate, variamente smembrate, in luoghi diversi dell’arcipelago nipponico, ciascuno con una precisa valenza magica e simbolica.

Chi ha ucciso Heikichi Umezawa? E chi ha messo in pratica il suo orrendo delirio? La Seconda guerra mondiale e la catastrofe del Giappone interrompono le indagini, ma trent’anni dopo un famoso maestro astrologo, appassionato di investigazioni, e il suo giovane assistente riprendono le fila di quel cupo enigma…

Gli omicidi dello zodiaco è un testo che si discosta molto dai romanzi gialli presenti comunemente all’interno delle nostre librerie. Credo lo si possa considerare un Giallo interattivo, un gioco fatto di carta e di parole dove a essere protagonista, se ne ha voglia, può diventare il lettore stesso. Dopo aver completato la lettura in tutte le sue parti, ho ritenuto giusto definirlo come un giallo semplice per quanto complesso. Complesso perché al suo interno sono contenuti omicidi da risolvere, di difficile lettura, dove gli amanti del genere possono sbizzarrirsi e trasformarsi in provetti detective. C’è, almeno a mio avviso, da parte di Sōji Shimada, una ispirazione a quel famoso detective inglese che, ancora oggi, in questo ventunesimo secolo, tiene banco senza temere rivali: Sherlock Holmes. Nonostante ciò, lasciare a due ragazzi, che detective professionisti non sono, le discussioni riguardati tracce, ipotesi, e storia del caso, è una scelta saggia se si vuole coinvolgere chi legge, invitarlo a fare la sua parte. È questo che permette di vivere la storia con una leggerezza, una semplicità, che di certo non si prova davanti al grande detective inglese. L’autore si presenta con piccoli intermezzi dopo circa tre quarti di lettura. Sōji Shimada spiega come tutti gli elementi per risolvere il caso siano stati forniti, lasciando la scelta di risolverlo da sé al lettore stesso o, in caso contrario, proseguire con la lettura arrivando all’epilogo. È una intuizione meravigliosa, concepire un romanzo sotto questo punto di vista non si vede tutti i giorni.

Punteggio:

Armando

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.