Tommaso Moro – Utopia

Utopia è isola non così lontana, sia pur non definita nelle sue coordinate geografiche. Non è così lontana, perché nella descrizione dell’Inghilterra del proprio tempo Moro ci mostra Utopia come il rovescio del regno dei Tudor. O meglio: come la versione corretta, riformata, di esso. L’utopia di Moro è riformare l’esistente seguendo consigli atti ad “aiutare il progresso della comunità”. Consigli che vengono da Atene e da Gerusalemme, da Platone e da Cristo… Coltivare l’utopia significa dunque riscoprire il valore della perseveranza, la virtù di chi non cede alle difficoltà e regge nel tempo. Questione di condotta, di stile e di carattere.

Opera in cui viene coniato per la prima volta questo termine, Utopia altro non è che un’isola ideale, per l’uomo del tempo, ci troviamo agli inizi del 500’, precisamente nel 1516, anno della prima pubblicazione, dove l’autore ipotizza una società ai suoi occhi perfetta. Questo non è un romanzo, è molto di più. Rappresenta una vera e propria Macchina del tempo, dove la società è alle prese con molti problemi etici ancora, purtroppo, parte integrante di quella odierna. Tra flebili equilibri, corruzione, cattiva gestione, e problemi derivanti sia dal cittadino medio che da colui che detiene il potere, Utopia rappresenta il fiore all’occhiello, l’esempio, secondo Tommaso Moro, da seguire se si vuole ricostruire una società arrivata al collasso. Se sotto molti aspetti, soprattutto quelli che riguardano la guerra, possiamo essere d’accordo, non si può non notare molte sfumature di pensiero in netto contrasto con questo XXI secolo. Il patriarcato sembra essere il punto principale su cui fondare la società descritta dall’autore, la religione va a veicolare le vite di quei cittadini medi, inermi davanti a questi aspetti considerati perno dell’esistenza umana. Risulta una vera e propria Utopia la parte dedicata all’assenza della proprietà privata e dei beni messi in comune. Lo sappiamo bene, se su tutto il resto si potrebbe discutere, quest’ultimo punto non credo sarà mai messo all’ordine del giorno. L’Essere umano, a mio modo di vedere, è estraneo a un concetto del genere. Si nota più di una critica verso quella politica inglese del tempo. Moro non le manda a dire a nessuno. Lo fa, però, aprendo una porta di dialogo con chiunque voglia intavolare questo discorso fondamentale, che riguarda anche noi seppur distanti di cinquecento anni dai fatti narrati. A differenza di come si affrontano i problemi al giorno d’oggi, dove il dialogo sembra essere stato scalzato da una violenza in molti casi ingiustificata, secondo lo scrittore serve una cooperazione tra uomini. Credo sia questo il punto fondamentale del testo in esame. Non ci può essere Utopia senza la volontà di tutti i partecipanti a quella data società. Non ci possono essere migliorie se i semi della corruzione, della mala politica e delle furberie messe in pratica dai cittadini, in modo da aggirare la legge, non vengono eliminati da quel orto chiamato in gergo Società. È stata una lettura più costruttiva del previsto dove, tra ottimi spunti e situazioni inattuabili, Tommaso Moro ci ha raccontato quel pensiero proprio di ogni uomo ma, per un motivo o per un altro, mai attuato per davvero.

Punteggio:

Armando

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