Questione di tempi: E. A. Poe – la fine

È il tre ottobre 1849, giorno in cui l’avventura di Edgar Allan Poe su questa terra prende una piega del tutto inaspettata. Si è tanto dibattuto su cosa fosse accaduto allo scrittore nei giorni che precedettero il suo ritrovamento, in stato delirante e incapace di spiegare cosa gli fosse successo, proprio in quella data. È inutile discutere delle supposizioni di cui, da ormai più di un secolo e mezzo, si scrive. Di Edgar Allan Poe sappiamo, alla luce di quanto da me scritto nelle settimane precedenti, che probabilmente con la stesura de Il Corvo una nuova speranza si era stagliata all’orizzonte di una vita condita da tanti, troppi tormenti con cui lo scrittore ha dovuto fare i conti. Nascondersi dietro le sembianze della sua poesia più celebre, così come sembra aver fatto negli anni seguenti alla sua pubblicazione, sembrava non solo aver dato nuova linfa allo stesso Poe ma, vista la sussistenza della nuova figura impersonata, una sorta di nuova identità capace, magari, di poter mettere finalmente alle spalle una vita che di certo di bello, a parte la scrittura, non aveva dato nulla a un uomo incapace di staccarsi da un dolore che lo attanagliava da ormai tutta la vita. Come spesso accade quando in società si mette una maschera per poter vivere, almeno in apparenza, una vita serena, la stessa rischia di ritorcersi contro colui che quella stessa maschera l’ha creata, plasmandola sulla sua persona. Nell’intimità di casa propria quella copertura è destinata a cadere inevitabilmente, lasciando il soggetto nudo, in compagnia delle ansie e delle paure. È questo quello che credo sia successo allo stesso Poe. Nonostante la copertura ottima per proporsi in società, tutte le vicende tragiche che hanno condito la sua vita tornavano a bussare alla sua porta nel momento in cui quella stessa protezione non era in grado di schermare i messaggi e i dolori persistenti da tutta una vita. È quello che capita molto spesso un po’ a tutti noi: creare un personaggio, se così vogliamo definirlo, da proporre in società lo facciamo tutti. Noi, e noi soltanto, conosciamo bene, anche se non appieno, noi stessi. Analizzando il passato di Poe così come ho fatto nelle scorse settimane, mi sono reso conto, è un parere strettamente personale, di quanto quest’uomo abbia sofferto senza cercare conforto, aprendosi completamente, in altre persone. Ciò non ha fatto altro che accrescere nel tempo quel malessere interiore che, nonostante il conforto della scrittura e del personaggio creato, lo ha logorato per tanto, troppo tempo. Cosa esattamente sia successo nei giorni precedenti a quel tre ottobre 1849 non ci è dato sapere. Credo di poter affermare che una vera bomba sia scoppiata nel profondo di un animo tormentato proprio in quei giorni, lasciando lo stesso Poe incapace di reagire a quelle sensazioni troppo forti per poterne cercare rimedio. Si consuma in circa quattro giorni prima di spirare il sette ottobre dello stesso anno, circondato da visi sconosciuti, gli ultimi ad accompagnare nel suo viaggio finale uno degli autori più enigmatici della letteratura contemporanea. Poe si è nascosto nel terrore, nelle storie macabre da lui create, con la speranza di esorcizzare i suoi demoni che, al contrario, sembrano essersi nutriti di quelle stesse storie spingendo verso il baratro quell’uomo fragile, con un disperato bisogno di affetto materno che, nonostante le ricerche serrate, non riuscirà mai godere.  

Armando

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