Questione di tempi: Charlie Chaplin vs USA

È un braccio di ferro di cui probabilmente si è parlato poco nel corso degli anni. Eppure tale accanimento da parte degli Stati Uniti d’America, contro un “semplice” attore, pare del tutto ingiustificato, almeno ai giorni nostri. Dall’articolo della settimana scorsa abbiamo visto quello che possiamo considerare il lato oscuro del grande attore britannico, quello che vede Chaplin ossessionato dalle donne molto più giovani di lui, atteggiamento che ho messo in relazione con la perdita prematura della madre. Naturalmente non si vuole giustificare tale situazione, ci mancherebbe altro, tento di dare una spiegazione a un comportamento in ogni caso non consono all’essere umano. Nonostante un punto focale così forte ed evidente, l’attenzione degli USA non era minimamente incentrata su questo aspetto, ma su tutt’altro. Si pensava che Chaplin altro non fosse che un comunista, una sorta di spia mandata dai russi per poter vedere da vicino, chissà, l’operato del governo, in modo da estrapolare informazioni valide da poter inviare all’alleato rosso, anche in virtù dei grossi contatti che una star internazionale come lui poteva annoverare. Chaplin venne messo sotto stretta sorveglianza persino dal FBI e dai servizi segreti nazionali, sicuri che Hollywood altro non fosse che il covo migliore per potersi infiltrare in tutta tranquillità all’interno della macchina governativa americana. Il caso Chaplin non è l’unico nel suo genere. A fare le spese di questo accanimento, a torto o a ragione, furono molte star dell’epoca. Inserite in quella cosiddetta Lista nera c’erano altri simboli di Hollywood, e dell’America tutta, come Humphrey Bogart e Katharine Hepburn. In quella degli accusatori più famosi, invece, compare il nome, del tutto inaspettato per gli amanti dei cartoni animati, del grande Walt Disney che, nel 1947, aveva testimoniato davanti l’HUAC, la Commissione per le attività anti americane, che si occupava specificatamente di quello che possiamo considerare uno degli aspetti meno conosciuti della guerra silenziosa tra America e Russia, che scaturirà, alla fine del secondo conflitto mondiale, in quella Guerra fredda che noi tutti conosciamo. A mettere la ciliegina sulla torta sulla situazione che vede il nostro protagonista coinvolto in questa faida, fu uno scontro diretto con l’altrettanto leggendario capo del FBI, in carica in quella metà del XX secolo, Edgar Hoover, andato in scena a una cena di gala dove i due si ritrovarono seduti allo stesso tavolo. A rendere bene il clima di tensione che si viveva a quei tempi, lo scontro verbale tra i due è riportato egregiamente all’interno di un film biografico datato 1993 capace, grazie a un cast stellare, una trama fitta e ben definita, una sceneggiatura in grado di far rivivere allo spettatore la vita di Charlie Chaplin a trecentosessanta gradi, di rendere al meglio la situazione che stava vivendo l’attore britannico. Charlot, questo è il titolo della pellicola, con Robert Downey junior nei panni del protagonista, apre quella porta nascosta che ha visto sulla soglia di uscita, per praticamente tutta la sua carriera, colui che aveva dato lustro al cinema muto americano. Fu probabilmente quel battibecco a sancire la fine del fidanzamento tra l’attore britannico e quella America rappresentata, in questo caso dalle forze governative statali, divenute una sorta suocero con un’unica affermazione sempre pronta sulle labbra: Questo matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai.

Armando

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