Questione di tempi: Charlie Chaplin – L’approdo negli States

Tra indigenza, brutte esperienze e la mancanza di quella figura materna tanto importante per tutti noi, il piccolo Charlie è cresciuto. Lo fa all’ombra del fratello, Sydney, anche lui pronto a far parte di quel mondo dello spettacolo che sta subendo, in quei primi anni del novecento, un cambiamento radicale. Il teatro è ancora il vero padrone del palcoscenico, dietro l’angolo, però, c’è quel cinematografo capace di stregare registi, attori e tutta la società mondiale. È proprio Sydney ad accorgersi per primo del grande talento di Charlie, a spingerlo a proseguire su quella strada. Il giovane Chaplin non se lo fa ripetere due volte. Dopotutto, credo avrà pensato, cosa potrà mai accadermi di male che già non ho sperimentato sulla mia pelle? È una considerazione che molto spesso passa inosservata. Credo sia quella marcia in più, capace di fare la differenza tra successo e fallimento. Quando hai tanti ricordi negativi ad affollare la tua testa hai solo due strade da percorre: quella più semplice e immediata che risponde al nome di depressione, del lasciarsi andare, navigare a vista fino a quanto una tempesta non ti manda a fondo; e una seconda, quella che ti fa cavalcare i sogni, facendo di tutto per portarli a compimento e…costi quello che costi! Ed è proprio questo il cammino che Charlie decide d’intraprendere. Dopo aver affinato uno repertorio già vastissimo nonostante la giovane età, condito da una prestanza fisica di cui purtroppo si parla sempre troppo poco, cosa che gli permette di esprimersi con piroette, capitomboli e gesti atletici degni del miglior olimpionico in circolazione, decide di lasciare l’Inghilterra per rincorrere quel sogno americano tanto agognato dai suoi contemporanei. Non gli ci volle molto per farsi notare. Charlie sembra un essere fatto apposta per il palcoscenico. Le sue movenze non hanno bisogno di parole, di dialoghi, è un grado di coinvolgere il pubblico restando in silenzio, parlando con quel linguaggio del corpo unico nel suo genere. In breve tempo conquista gli addetti ai lavori e la critica, riuscendo a schermare la sua condizione d’immigrato ancora al centro delle attenzioni della politica americana e non solo. Manca solo la ciliegina sulla torta, un qualcosa che possa essere ricordato a lungo, non solo come marchio di fabbrica ma che permetta al nome di Charlie Chaplin di poter entrare all’interno della cosiddetta Hall of fame, quella camera della gloria tanto esclusiva che accoglie solo le leggende.  

Armando

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