Prison break: conclusioni

Emettere una sentenza certa sul discorso affrontato nel corso di queste settimane non credo sia cosa possibile. Di certo conosciamo una verità insindacabile: Prison Break è stata in grado di stimolare lo spettatore fornendo spunti capace di farlo riflettere. Vedere nell’esecuzione capitale una possibile svolta scientifica per un colosso mondiale, come il mercato del farmaco in questo caso, è una questione che, veritiera o meno, dovrebbe far valutare con lucidità le possibili implicazioni. Sappiamo bene fin dove può spingersi l’essere umano, che sia per puri ideali o per sete di potere poco importa, è una creatura capace di costruire meraviglie tanto quanto di creare caos e sofferenze. Le questioni legate alle esecuzioni capitali altro non sono che un veicolo, usato in questo caso dalla serie da cui ho preso spunto per proporvi questo discorso, atto a valutare con freddezza le possibili svolte e strade che l’uomo prende con le sue scelte. La vicenda di Lincoln Barrows altro non è, a mio modesto parere, che quel meccanismo che fa scattare il cervello umano nella valutazione di situazioni più grandi di quelle che sembrano. Per quanto possano essere fantasiose, forse considerate persino macabre e crudeli, le mie supposizioni sono nate da quell’input che una serie televisiva come questa sembra voler fornire. Come ben sappiamo, tutti noi consideriamo la televisione, e in senso più ampio tutti i mezzi d’intrattenimento, come nient’altro che puro svago, uno qualcosa nato per distrarsi e per poter impiegare il tempo libero. Non c’è pensiero più sbagliato di questo. Guardare senza vedere è quell’errore che spesso lo spettatore fa. Si preclude, così facendo, la possibilità di riflettere su scene, dialoghi e luoghi proposti da una produzione, nel nostro caso televisiva, che prova a lanciare dei segnali che dovrebbero essere trasformati in pensieri dal fruitore ultimo. Quello proposto da me sul caso Prison break, naturalmente, non è che la mia chiave di lettura. Nulla di definitivo, niente di certo. Di sicuro, invece, c’è che la visione proposta abbia aperto in me la possibilità che dietro alla pura finzione televisiva si nasconde un mondo molto più ampio e articolato. Guardiamo, pensiamo e proponiamo, è questo il percorso che, secondo chi scrive, il telespettatore dovrebbe affrontare.

Armando

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