Luigi Pirandello – Uno nessuno e centomila

“Uno, nessuno e centomila” (1926) fu definito da Pirandello “romanzo testamentario”. Si tratta infatti del suo ultimo romanzo e segna il culmine della riflessione sulla disgregazione del soggetto iniziata con “Il fu Mattia Pascal” (1904). Attraverso la tragedia di Vitangelo Moscarda – che scopre di essere estraneo a sé stesso, “costruito” dagli altri a modo loro, molteplice quante sono le situazioni in cui si trova – Pirandello costruisce una delle rappresentazioni più efficaci dell’assurdità dell’uomo moderno, e delinea la sua filosofia. Alla base della sua visione del mondo, come mostra il filosofo Remo Bodei, c’è la sfiducia che l’uomo possa accrescere la sua coscienza in modo positivo attraverso la messa in luce e il superamento delle contraddizioni

Considerare questo testo “solo” un romanzo credo sia del tutto sbagliato. All’interno di Uno nessuno e centomila, è contenuto un percorso filosofico che scende fin nei meandri più intimi dell’uomo. Chi sono davvero? Chi sono io per la società? Sono queste le domande che il premio Nobel siciliano lascia a sé stesso e ai posteri. A differenza di Serafino Gubbio operatore (che ho recensito qui), questo romanzo si interfaccia in maniera semplice con il lettore. Il testo, curato fin nei minimi dettagli, mostra sprazzi di termini letterari ben amalgamanti con un linguaggio parlato che, seppur diverso da quello odierno, aiuta il lettore a rimanere legato alla vicenda. Quello che abbiamo davanti altro non è che il percorso filosofico, strettamente personale, che il narratore, Vitangelo Moscarda, si ritrova a vivere per colpa…del suo naso. Ciò dimostra come pensieri così profondi possano essere creati da situazioni semplici, di cui, in molti casi, non ci accorgiamo. Come nell’altrettanto famoso Il fu Mattia Pascal, in questo romanzo è presente, proposta sotto mille sfaccettature, quella maschera pirandelliana, colei che ha fatto riflettere pensatori e gente comune di ogni rango e epoca. Ritrovarsi d’accordo o contro le parole di Pirandello è uno step soggettivo che il lettore vivrà in maniera strettamente personale. Per quanto semplice la lettura di Uno nessuno e centomila, per poter capire, apprezzare davvero questo lavoro, serve una buona attenzione verso parole, fatti e personaggi che compongono il mondo in cui il protagonista narratore vive. Vi lascio con la frase che più rappresenta, almeno per me, il lavoro in questione, testamento filosofico di un autore che vivrà per l’eternità:

Avrei potuto, è vero, consolarmi con la riflessione che, alla fin fine, era ovvio e comune il mio caso, il quale provava ancora un’altra volta un fatto risaputissimo, cioè che notiamo facilmente i difetti altrui e non ci accorgiamo dei nostri

Punteggio:

Armando

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