La religione e le donne

Anche in questo caso, sembra non si faccia attenzione a quanto accade in questo magico mondo chiamato religione. Appurato il fatto che credere in qualcosa di superiore non coincide assolutamente con i culti venuti fuori dalla mente dell’uomo nei secoli, voglio analizzare in questo articolo il ruolo delle donne all’interno nostra società. Ho espresso tutto il mio sdegno nell’articolo della settimana scorsa, mi scuso se qualcuno di voi si è offeso ma preferisco dire le cose così come le penso piuttosto che annuire sempre e comunque. Sempre più spesso parliamo, leggiamo e vediamo in televisione fatti, quasi sempre drammatici, che hanno come protagoniste le donne e i maltrattamenti a cui sono soggette. Si parla sempre di casi di cui ormai rimedio non c’è (se pensate che il carcere, anche a vita, possa dare pace a un’anima vi sbagliate di grosso), e mai si discute sul motivo per cui si è arrivato a tutto ciò. Se un culto religioso vede sempre e solo l’uomo al centro di questo mondo e relega puntualmente la donna a mero contenitore per i figli dello stesso cosa accade secondo voi? È quello che, a mio modo di vedere, succede in tutto il mondo. Il “sesso debole”, così etichettato da coloro che vedono la donna in questa maniera ma non dal sottoscritto, nasce proprio da queste considerazioni religiose che vedono la stessa fuori da ogni contesto. Certo alcune figure femminili sono molto importanti a fini religiosi, e questo vale per qualsiasi culto, ma per quanto riguarda la leadership non si discute: Dio, a detta loro, è maschio, punto. Da questo nasce un vero e proprio abuso di potere, altro non potrei definirlo, da parte dell’uomo che si pone con lei come il padre padrone, come se fosse lui stesso l’incarnazione di quel dio onnipotente che non accetta il parere di un essere inferiore. Da qui nasce quel filone di violenze e mortificazioni che sfociano, purtroppo, in una cronaca fin troppo frequente soprattutto nell’ultimo periodo. Nonostante ciò, non ho mai sentito nessuno puntare il dito su quello che è un vero e proprio maschilismo religioso, impostazione che inevitabilmente non può che far crescere di conseguenza individui maschi e femmine etichettandoli proprio come “il più forte” e “la più debole”. È inevitabile, ripeto parere mio, che prima o poi l’emancipazione femminile, arrivata anche con fin troppo ritardo, abbia portato a un susseguirsi di tragedie dove quello scimmione credulone e, non c’è altro termine, ignorante dell’uomo abbia deciso di farsi legge per sé in nome di cosa: della sua superiorità sulla donna. Credulona e, in troppi casi, remissiva lo è anche la donna. Se si arriva a tragedie simili una parte della colpa è da attribuire anche a lei. Sopportare, coprire e resistere nelle mani di un orco addirittura per anni, vivendo magari una vita nell’ombra di un colui che dice di amarla con schiaffoni, botte e quant’altro non può che galvanizzare quello che adesso si sente di diritto il dio di quella stessa compagna. Allontanarsi al primo segnale di maltrattamento dovrebbe essere la soluzione migliore probabilmente, visto che il mostro è ancora in stato embrionale. Se questo non accade potrebbe dipendere, ma qui mi inoltro in un campo minato, da quella stessa considerazione che la donna ha di sé: “sono inferiore, senza di lui non sono nulla!”. Non c’è pensiero più distorto di questo, nato da quella religione che insegna questo comandamento velato. Donne e uomini dovrebbero convivere in sintonia e senza la minima superiorità ma se la società, e soprattutto i due imputati chiamati in causa da me oggi, non dà una mano in questo senso a poco servono articoli come questo.

Armando

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