Cavalli che parlano e ragionano, giganti dalle proporzioni smisurate, nani così piccoli da poter essere tenuti in una tasca, filosofi che popolano isole volanti: sono solo alcune delle creature straordinarie che il capitano Lemuel Gulliver incontra nel corso dei suoi viaggi avventurosi, tra mille peripezie e innumerevoli pericoli. Pubblicato nel 1726, è oggi noto soprattutto come un classico della narrativa per ragazzi, ma rappresenta anche un capolavoro del fantastico e della satira. Dietro la favolosa descrizione delle immaginarie popolazioni di Lilliput, Brobdingnag, Laputa e Huyhnhnmlandia, la sferzante penna di Swift ritrae le assurdità e i difetti dell’Europa settecentesca. Introduzione di Fabio Giovannini.
Politica e vita vissuta del primo settecento sembrano condire questo bel romanzo. Naturalmente, non è tutto. Siamo abituati a pensare a I viaggi di Gulliver come un romanzo fantasy, un insieme di episodi fantastici, assurdi sotto molti aspetti, grazie, o per colpa, della televisione e del cinema. All’interno del testo c’è tanto, troppo di più. Solo la carta è in grado di conferire al lavoro di Jonathan Swift il posto che più gli spetta. Tra riferimenti storici che rimandando alla madre patria dell’autore, l’Inghilterra. Accuse, neanche poi tanto velate, sulla condotta di chi dovrebbe farsi carico del popolo. Il nostro protagonista sembra vestire i panni di un personaggio che noi italiani conosciamo bene: il ragionier Ugo Fantozzi. Quest’ultimo aspetto non va visto in chiave negativa. Tra scenari inaspettati; creature in grado di lasciare una morale ben definita in colui che l’avventura l’ha vissuta, Lemuel Gulliver sembra essere in balia non solo delle onde ma dei personaggi con cui entra in contatto. Che sia un gigante, un piccolo uomo, o percepito come una sorta di animale domestico, poco importa: lui si prostra allo stesso modo in cui il personaggio di Paolo Villaggio faceva in sede lavorativa e non. È un testo difficile da leggere e capire, molto più di quanto immaginassi. I viaggi di Gulliver risultano un vero e proprio manuale di vita a oggi ancora valido, nonostante i tre secoli trascorsi dalla sua prima pubblicazione.
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Armando