Il genocidio dei lavoratori. La Auschwitz del progresso

Nelle settimane passate, abbiamo visto come in parti diverse del mondo si sono presentate, in tempi e modi diversi, situazioni atte a portare dolore, sconforto e quella perdita di dignità che mai dovrebbe affrontate un essere umano. Quello che vi propongo oggi non è una situazione riguardante una data parte del mondo. Lo sfruttamento lavorativo, infatti, accomuna tutti noi. In qualsiasi momento della storia si possa gettare lo sguardo, ovunque e in ogni dove, l’uomo ha subito questa persecuzione psicologica e fisica senza, o comunque con pochi, mezzi per difendersi da essa. Se, almeno in apparenza, la schiavitù è un argomento lontano dai nostri discorsi, di schiavi lavorativi il mondo ne è pieno. Se gettiamo uno sguardo verso quei paesi sottosviluppati, di cui si parla poco per quanto riguarda questo aspetto, non possiamo non notare il grosso divario riguardante salari, luoghi di lavoro e ore impiegate per lo svolgimento della mansione, queste ultime divenute insostenibili da quei lavoratori troppo esili e abbattuti. I lager, in questo caso, si chiamano, appunto, luoghi di lavoro. La condanna ai lavori forzati, perché se non lo fai tu lo farà qualcun altro, è un dato di fatto che nessuno sembra voler vedere. Eppure, sotto i nostri occhi, ci sono economie che stanno diventando un vero e proprio impero grazie a questa impostazione lavorativa. Salari minimi; ore di lavoro da vero e proprio sfruttamento; lavoratori divenuti numeri sostituibili in qualunque momento, sono queste le doti principali di quell’economia che, nell’ultimo ventennio, ha accelerato così tanto da diventare l’emblema di questo abuso. Molti di voi avranno capito il mio riferimento: la Cina, senza queste basi del tutto discutibili, non sarebbe mai diventata la super potenza economica che oggi è. La Cina, è l’emblema di quel progresso fatto dai sacrifici di fantasmi, persone che, nonostante le paghe misere e le ore di lavoro interminabili, si rimboccano le maniche e continuano a portare avanti le loro mansioni. Lo fanno con la coscienza di una famiglia sulle spalle, mogli/mariti e figli da sfamare. Si sente dire spesso che Il lavoro nobilita l’uomo, sarebbe così se questo, il lavoro appunto, fosse in grado di conferire dignità allo stesso. L’esempio è sotto gli occhi di tutti, così vicino al nostro quotidiano da farci, almeno spero sia così, riflettere su questo argomento. Di lager lavorativi il mondo ne è pieno. In qualunque punto della storia gettiamo lo sguardo ne troviamo, a tutte le latitudini disponibili, esempi tangibili. La Cina è solo l’esempio, probabilmente, più lampante di questo XXI secolo. Non facciamo l’errore, però, di considerarlo il primo e l’ultimo. Come detto all’inizio di questo articolo, l’essere umano non è nuovo a questo modus operandi. È questo, lo sfruttamento lavorativo, probabilmente a essere il primo vero campo di concentramento in cui l’uomo è stato rinchiuso dà i suoi stessi simili. La Auschwitz lavorativa non solo esiste ma, ahimè, è sempre esistita, globalizzando, di fatto, l’umanità intera ancor prima che questo termine venisse coniato.

Armando

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