Ritornato a Kingsport per le festività natalizie, il narratore, discendente da un’antichissima stirpe del luogo, prende parte a una cerimonia occulta con gli abitanti della cittadina, i quali una volta ogni secolo scendono nel sottosuolo in osservanza delle loro tradizioni religiose.
Sono lavori come questi che mi fanno dire amaramente: peccato. Questo racconto di Howard P. Lovecraft aveva tutto quello che serviva per poter diventare un vero e proprio romanzo. Lasciato così, un racconto ridotto all’osso, Il rito non permette al lettore di entrare all’interno di quel mondo che lo avrebbe trascinato con sé in quell’abisso di terrore soltanto percepito. Il famoso autore statunitense, amato dai lettori di ogni età e generazione, credo non abbia preso troppo sul serio questo suo racconto. Sembra scritto di getto, nato da una ispirazione del tutto inaspettata che non sembra aver convito l’autore stesso. C’erano, come già accennato, tutte le premesse per trasformare questa intuizione in un vero e proprio capolavoro. Dare alle stampe un racconto scritto in questa chiave lascia il lettore confuso e del tutto smarrito. Si prova a seguire un filo conduttore che non c’è; si lasciano in sospeso episodi di vitale importanza per la narrazione stessa; l’aura di terrore viene smorzata fino alla perdita di interesse per gli ambienti e i movimenti che i personaggi eseguono (o dovrebbero eseguire). Insomma, Il rito ha molto potenziale da esprimere ma, credo sia molto evidente, Lovecraft gli ha preferito altri racconti e romanzi, stesure che, rispetto a quella in esame, gli hanno conferito tutta la popolarità e l’apprezzamento che un autore come lui merita.
Punteggio:
Armando