Guido Fabrizi – Il madremoto

“Il Madremoto, un bel titolo inventato da Guido Fabrizi, scrittore schivo e tenace. La storia che racconta l’autore sbuca limpida e fresca da una antica fonte narrativa. È un racconto sincero e struggente che consiglio a chi ama storie vere, e cerca narrazioni che entrino con facilità nella rete emotiva del lettore.” (Dacia Maraini)

Credo sia difficile al giorno d’oggi trovare testi in grado di toccare le corde più intime del nostro essere. Guido Fabrizi con questo bel romanzo si è spinto oltre. È riduttivo considerare Il madremoto come una “semplice” lettura di piacere. Al suo interno si avvicendano avventure e disavventure personali, di vita vissuta, intrecciate magistralmente con la storia del nostro paese, e non solo. Tutto ciò invita il lettore a essere parte attiva della partita. È difficile, se non impossibile, vivere la vicenda in questione con distacco. La terza persona qui non è contemplata, tutti noi siamo chiamati a vivere, pagina dopo pagina, tutto ciò che accade nella vita dei nostri protagonisti. Tutto questo, però, non sembra bastare. Il madremoto è un romanzo da analizzare a trecento sessanta gradi, in casa, tra amici ma, soprattutto, in un ambito ben diverso da tutto ciò. Sono libri di questo tipo, forti, diretti, capaci di mostrare quel lato oscuro della vita che tutti noi conosciamo ma, non so bene per quale motivo, tenuto nascosto ai più piccoli, a dover dire la loro in sede istituzionale. È a loro, ai giovani studenti delle scuole medie e superiori che un testo del genere può essere di grande aiuto. La sua lettura periodica nelle scuole apre più di un dibattito sui più svariati argomenti, certamente trattati ma, a parere di chi scrive, non abbastanza. L’emarginazione; i problemi familiari; il tunnel buio della solitudine; le droghe; le scelte sbagliate e i sogni con cui tutto questo va scontrarsi. Tutto ciò potrebbe essere rapportato a ognuno di noi. Il madremoto potrebbe permettere alle giovani generazioni in difficoltà di trovare una soluzione prima di cadere in quel baratro da cui risalire non è affatto semplice o, al contrario, accendere una luce in fondo a quel tunnel buio in cui è facile perdersi e mai più ritrovarsi senza quel faro luminoso chiamato Cultura. Complimenti a Guido Fabrizi.

Punteggio:

Armando

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