Ettore Majorana: l’infanzia

Quando si hanno caratteristiche fuori dal comune, purtroppo, chi sta intorno a individui come questi spesso non è in grado di capirli. È un po’ quello che è accaduto anche al giovane Ettore. Da sempre affascinato dalla matematica, sembrava un bambino incapace di fare gruppo, sia con gli adulti della famiglia sia con fratelli e cugini della sua stessa età. Preferiva, a quanto dichiarato dai suoi parenti più prossimi (in tal senso vi consiglio un ottimo documentario prodotto da Rai Scuola: Il mistero Ettore Majorana), osservare, star zitto e, non appena possibile, confrontarsi con i numeri, gli unici, probabilmente, a capire l’essenza di quel bambino taciturno. La vita familiare, ai piedi dell’Etna, non dura tanto. Già dai 9 anni, il piccolo Ettore viene mandato in collegio a Roma, dove passerà gran parte della sua infanzia e adolescenza. Sappiamo ben poco di questo periodo trascorso in una città nuova, lontana dalla sua isola, con adulti e bambini del tutto sconosciuti. Come avrà risposto il giovane Ettore Majorana a questo shock? Non avendo mezzi a nostra disposizione per poter constatare quella verità assoluta sui fatti, altro non possiamo fare che ipotizzare. Riservato com’era, non dovrebbe essere difficile intuire che abbia cercato, trovandolo con molta probabilità, conforto all’interno di quelle composizioni numeriche. Potrebbe essere stato questo periodo di vita a dare il la a quelle ricerche così serrate, da far porre continue domande sull’esistenza di quei numeri, sul loro significato e su dove gli stessi avrebbero condotto l’essere umano .È Qui che, probabilmente, la matematica e la fisica diventano, in maniera indelebile, i protagonisti, gli eroi della sua vita. Molti studiosi hanno indicato proprio questo soggiorno romano, di quello che poi sarebbe diventato il famoso fisico che conosciamo, con l’ispessimento di un carattere già chiuso di per sé, che con l’allontanamento dagli affetti altro non ha fatto che indurire ulteriormente quella corazza dura già in principio. Dalle letture e dalle ricerche che ho effettuato sul suo conto sono arrivato, nel mio piccolo, a trarre delle considerazioni personali. Che siano veritiere o meno non ci è dato sapere, naturalmente, la mia visione si basa su quei pochi fatti e sfaccettature conosciute del Majorana. Il suo chiudersi, tenere a distanza il prossimo, che sia un familiare o amici poco importa, sembra essere stata dettata una un unico, fondamentale fattore, il non poter discutere con altri individui quell’argomento a lui tanto a cuore: la matematica. Questo non significa che fosse privo di sentimenti, tutt’altro. A dimostrazione di ciò, sono arrivate fino a noi alcune lettere scritte dal piccolo Ettore e indirizzate alla famiglia, soprattutto alla mamma. In esse, trapela tutta la sofferenza per la lontananza da casa. Si informa su tutti i componenti della famiglia, richiedendo a gran voce una visita presso la struttura che l’ospitava, mostrando tutta la fragilità di un bambino qualunque. Sull’infanzia del Majorana credo, alla luce di quanto scritto, di poter trarre delle considerazioni personali: Un bambino mite, taciturno, affascinato da un qualcosa che interessava a pochi. Allontanato da casa, per potergli dare un’istruzione migliore probabilmente, vista la tenera età, rivelatasi un’arma a doppio taglio. Da una parte l’avvicinamento a quella passione che poi lo fa diventare il mito conosciamo; dall’altra, lo stesso periodo sembra averlo reso un individuo enigmatico, solitario e dedito a un lavoro di ricerca che impegna tutta la sua (breve?) vita.

Armando

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