Dalle ipotesi da me proposte, che vedono Ettore Majorana come protagonista attivo, e non solo della sua vita, nonostante nascosto agli occhi di società e autorità, arriva a una svolta cruciale. No, non è ancora tempo per quel viaggio incredibile a cui si sta preparando. Da anni, ormai, sin dalla fine degli anni 30’ del XX secolo, il fisico siciliano è alle prese con una ricerca che potrebbe cambiare la sua vita, nonché quella di tutta l’umanità. Ad affiancarlo, come ben sappiamo, c’è Nikola Tesla, scienziato di fama internazionale; colui che ha dato luce al pianeta intero. C’è un grosso problema che vede quest’ultimo come protagonista: l’età. La vita dell’inventore austro ungherese è arrivata ormai agli sgoccioli. La sua salute, già provata prima dell’arrivo di questo inaspettato nuovo amico, ha, di certo, un ruolo fondamentale per l’epilogo a cui questo lavoro porta. Altrettanto certo è il riaccendersi del suo interesse verso le nuove tecnologie ma, le stesse, adesso, stanno stressando una mente e un fisico non più giovane né, tanto meno, come detto poc’anzi, in salute. Come se tutto questo non bastasse, i problemi derivanti dalla ricerca di un mezzo per poter viaggiare nel tempo stanno accelerando quel processo di deterioramento, causato dal superlavoro a cui i due scienziati sono chiamati a rispondere presente. Tesla sa bene che il suo tempo è limitato. Non si risparmia, ricerca soluzioni, crea nuovi calcoli, pratica esperimenti nel tentativo di venire a capo della situazione. Naturalmente, non ci è dato sapere la natura del suo lavoro. Possiamo solo ipotizzare, utilizzando l’Effetto Verne, che l’inventore possa essersi servito della sua corrente alternata per poter creare quella sorta di portale capace di proiettare l’amico in un tempo passato. Anzi, credo che, a questo punto, possiamo spingere la nostra fantasia ancora oltre. Proviamo a immaginare:
È possibile che Tesla si sia potuto servire della corrente continua per poter arrivare al risultato sperato?
Come molti sapranno, alla fine del secolo XIX ci fu una vera è propria guerra, che vide contrapposte le due tipologie di energia elettrica. Contrapposti, avversari in una partita che vede coinvolta l’elettricità, un business in grado, a conti fatti, di globalizzare il pianeta prima di qualunque altra cosa, sono proprio Nikola Tesla, uscito vincitore dalla contesa, e Thomas Edison, grande sconfitto ma che, grazie a questa pillola amara, ha consegnato poi alla storia una macchina meravigliosa come il cinema. Potrebbe essere una possibilità presa in seria considerazione da Tesla, anche perché non avendo molto tempo a disposizione, cosa che lui sa bene, è meglio provare tutto piuttosto che ipotizzare, scrivere e teorizzare. Nonostante tutte le buone ragioni, il grande lavoro messo a disposizione di un amico a cui niente deve ma che, in piena autonomia, decide di affiancare in quella “pazzia”, la luce del suo genio arriva, come per qualunque altro essere umano, a spegnersi. È il 7 gennaio 1943, un delle giornate più fredde dell’anno, in una New York che corre. Ci troviamo nel pieno della seconda guerra mondiale. Nikola Tesla si spegne nella sua camera d’albergo, trasformata in una sorta di laboratorio. Ettore Majorana è con lui. L’unico affetto rimasto allo scienziato che tanto ha dato al mondo ma che nessuno sembra oggi ricordare. Beh non proprio nessuno, qualcuno attende alle porte il suo decesso. Tesla lo sa bene. Prima di spirare da un’ultima lezione all’amico: «prendi tutto il lavoro che ti serve, lascia il resto, ormai non conta più. Assicurati di avere tutto con te. Non lasciare nulla, prendi tutti gli appunti. Una volta messi al sicuro puoi chiamare e informare della mia morte. Siamo a buon punto ma c’è ancora tanto lavoro da fare. Fa buon viaggio, amico mio». Immagino così l’ultimo dialogo tra i 2. Majorana è afflitto, attanagliato dal dolore ma non può permettersi ritardi né ripensamenti. Con il corpo dell’amico ancora caldo, adagiato sul letto, raccoglie tutto il lavoro fatto fino a quel momento. Anni di calcoli, prove e studi. Per Nikola Tesla il lavoro è finito, l’unico suo rammarico, possiamo ipotizzare, è quello di non aver potuto assistere alla partenza del caro Ettore. Majorana adesso è da solo, pronto a trovare la chiave di volta capace di condurlo alla meta. Affranto e demoralizzato, non può mollare. Dopotutto lo deve anche a quell’uomo che, senza batter ciglio, ha messo a sua disposizione il suo genio.
Armando