Ettore Majorana: Ipotesi sulla scomparsa. Il suicidio

È da sempre l’ipotesi principale, presa in seria considerazione da quella società che lo vide scomparire all’improvviso. A rinforzare questa possibilità le lettere lasciate, come abbiamo appreso dall’articolo della settimana scorsa (eccolo), alla famiglia e a Carlo Carelli, nonostante i 2 successivi telegrammi che sembrano riportare il ripensamento del Majorana, di cui non conosciamo la motivazione. Ad aleggiare sopra tutto questo sembra esserci un malessere non espresso che ho sintetizzato, in maniera del tutto personale, con l’equazione E= mc2. Quindi, a rinforzare questa ipotesi, ho preso in considerazione la possibilità che lo stesso Majorana, comprendendo a pieno i calcoli svolti, messi in relazione con l’evoluzione della vita umana nel lungo periodo, sia arrivato a visualizzare il nostro mondo guardandolo non di certo fiorire in un futuro più o meno lontano. Tutto ciò lascerebbe intravedere l’indole di un uomo incapace di reagire a quanto affermato da numeri, formule e supposizioni messe nero su bianco, senza averne ancora nessun riscontro reale. È proprio quest’ultimo punto quello che potrebbe smentire definitivamente la possibilità di un suicidio del Majorana. Credo si possa affermare, con certezza assoluta, l’insorgere di una certa forma di depressione, causata da quei riscontri matematici, che lasciano in mano al fisico siciliano un quadro mondiale del tutto negativo. Allo stesso tempo, però, sappiamo di trovarci davanti una persona fuori dal comune, con un quoziente intellettivo così elevato da essere in grado di risolvere al meglio il problema che gli si pone innanzi. Alla luce di queste ultime considerazioni, il suo stesso genio potrebbe essere stato la causa del suo ripensamento, espresso nei telegrammi citati poco prima. Ho provato a immaginarlo, sul ponte di quel piroscafo, nella traghettata che da Napoli lo porta a Palermo. Stanco, depresso e con incognite, al momento, non in grado di risolvere. Magari sicuro di quel voler chiudere la sua vita credendosi non all’altezza di una situazione che lo avrebbe trascinato, insieme a tutta l’umanità, nel bel mezzo di un inferno, quello denominato poi nucleare, probabilmente considerato ingestibile vista la portata della forza che il nuovo mezzo energetico si trascina con sé. Il pensiero del suicidio credo abbia attraversato la mente del Majorana fino a farlo diventare la soluzione ultima che avrebbe risolto, se non quella dell’essere umano, almeno la sua vita. Allo stesso tempo, lo vedo rimuginare sulla situazione, rifacendo a mente quei calcoli, cercando una falla, un errore o, in mancanza di queste, una possibile soluzione matematica uguale e opposta a quanto affermato dalle formule studiate e pensate in precedenza. Lo vedo su quello scoglio, a picco sul golfo di Palermo, ad ascoltare le onde di quel mare, in quel momento calmo, in netta contrapposizione con le sensazioni ed emozioni provate dallo stesso Ettore, adesso messo a nudo da quell’orizzonte meraviglioso. Pronto a farla finita ma, come è consono al genio, una lampadina arriva a illuminare i suoi pensieri. Tutto diventa chiaro, il problema è risolvibile, servono nuovi calcoli. Rapido e con quel pizzico di ottimismo, latitante fino a quel momento, ritorna sui suoi passi. Il lavoro è nuovamente la sua ancora di salvezza, la sua croce e delizia. Ecco disegnato un piccolo racconto che racchiude in sé momenti drammatici, che preannunciano una fine imminente, trasformati in una nuova possibilità di vita. È questa l’immagine, strettamente personale, del Majorana sbarcato a Palermo. Tutto questo cancella, almeno per me, definitivamente la possibilità di un suicidio. Avrebbe lottato fino in fondo, aveva bisogno di costruirsi le armi per farlo.

Armando

 

 

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