Aurelio Musi – Storia della solitudine. Da Aristotele ai social network

«O beata solitudo, o sola beatitudo!»: un poeta del XVI secolo esalta con questo verso il silenzio e l’isolamento di chi è in grado di mettere le ali e volare verso la solitudine: un ideale paradiso in terra. Ma la vita solitaria può essere anche una maledetta condizione negativa, anticamera della malinconia, della depressione, della follia: un inferno in terra. È un castigo degli dèi per il Prometeo di Eschilo, castigo ancor più doloroso per chi ha fatto dell’amichevole socievolezza umana la sua ragione di vita. Eroi granitici, ma destinati alla solitudine, sono quelli di Sofocle. Le tragedie di Euripide segnano poi il passaggio dalla solitudine dell’eroe alla solitudine della donna e dell’uomo. Anche la Roma antica parla ancora a noi contemporanei con i suoi personaggi storici e mitologici. Cicerone fugge dalla corruzione della politica, Seneca esalta la solitudine interiore, ma per Orazio e Tibullo essa significa spesso depressione, nevrosi, angoscia. Il Narciso delle Metamorfosi di Ovidio rappresenta la solitudine come smisurata passione di sè. La dialettica della solitudine fra il positivo e il negativo, tra il suo profilo fisiologico e quello patologico, beata e maledetta insieme, è alle radici dell’Occidente. Questo libro ne ripercorre la storia, dalle sue rappresentazioni nell’Antichità alla società di massa contemporanea. Incontriamo così il viandante, il pellegrino, l’eremita, il sopravvissuto, il folle, il prigioniero, l’intellettuale che sceglie la pace e la solitudine per i suoi studi, il cavaliere solitario don Chisciotte, fino all’anoressico e al bulimico, al ludopatico, al tossicodipendente, al «lupo solitario» capace di gesti estremi.

Forse a molti lettori il titolo di questo libro potrebbe fare paura. La solitudine è un tema che tutti noi conosciamo ma che, puntualmente, cerchiamo di lasciare in un angolo, sperando che di essa non si parli mai. Questo bel testo ci spiega, in maniera semplice e discorsiva, come la stessa solitudine si è evoluta nel corso dei secoli. Infatti, la società, di ieri e di oggi, e la letteratura, e non solo quella filosofica, si sono occupati ampiamente della solitudine, cercando una soluzione laddove fosse necessaria in sua presenza. È questo il percorso tracciato da Aurelio musi: rendere accessibile il tema a chiunque, in modo da valutare se è necessario prendere dei provvedimenti per evitare, cosi come espressamente descritto, quella soluzione ultima vista da molti come l’unica strada percorribile. Io stesso mi sono fatto una domanda cruciale prima d’iniziare questa lettura:

È necessaria?

A parere di chi scrive, un testo del genere è fondamentale per capire uno di quei mali, che non è la solitudine, presenti all’interno della nostra società tanto quanto silenziosi. L’autore ha tracciato la strada giusta, ripercorrendo il cammino della solitudine partendo dall’alba di quella società greca e poi romana artefici dell’evoluzione del pensiero umano. Storia della solitudine. Da Aristotele ai social network è un testo istruttivo, capace di aprire quella porta chiusa, purtroppo, a due mandate, causa del malessere dell’uomo moderno e non solo.

Punteggio:

Armando

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