Se gli antichi egizi ereditarono il loro sapere dai Sumeri, questi ultimi da chi avevano appreso quelle scienze?
È questa la domanda che apre un dibattito lungo una vita, la stessa che ha accompagnato Zecharia Sitchin in una ricerca serrata. Con Il pianeta degli Dei, primo capitolo delle famose Cronache terrestri, l’idea contestualmente accettata sul conto degli alieni, nel corso del tempo, viene radicalmente stravolta. Quel viaggiatore delle stelle, l’ospite su cui un punto interrogativo aleggia sopra la sua testa, e di riflesso sopra le nostre, diventa un padre, un maestro, colui che ha istruito quell’essere umano 1.0 non in grado, a parere delle cronache dettate dall’archeologo azero, di compiere quel salto evolutivo capace di distinguerlo dal resto del regno animale. Come se tutto ciò non bastasse a creare nuovi punti di vista sulla vita e lo sviluppo dell’uomo, Sitchin fornisce un ulteriore nuovo protagonista pronto ad affiancare l’alieno di turno: il suo pianeta di provenienza. Nibiru, è questo il nome del corpo celeste che dovrebbe ospitare gli Annunaki, una razza di ominidi evoluti, sbarcati sulla terra in un passato remoto, pronti, a detta dell’autore, a far evolvere quell’animale non ancora Sapiens per il loro tornaconto. Nibiru, questo immenso pianeta, di quattro volte più grande rispetto alla nostra Terra, secondo le teorie e reinterpretazioni di vecchi testi sumeri, non è un luogo lontano, ubicato in chissà quale galassia e a distanze proibitive. Questo pianeta si troverebbe all’interno del nostro sistema solare, con un moto di rivoluzione intorno al sole molto ampio, di circa 3600 anni. Fu un vero colpo per gli appassionati di astronomia, una luce in fondo a quel tunnel che sembrava buio come la notte. Da quando questa informazione è diventata di dominio pubblico, la stessa NASA, pronta come sempre ad accettare le sfide, anche quelle più improbabili, ha iniziato a scandagliare l’universo alla ricerca di questo colosso celeste. Le cronache riguardanti la questione Nibiru, purtroppo per il suo teorico e tutti i fans di quella che rimane nient’altro che teoria, portano a un nulla di fatto. Nessuna traccia di questo mastodontico pianeta è arrivata a mettere il punto esclamativo sulla questione. Oltre al dibattito scientifico, si apre un nuovo braccio di ferro tra il professore azero e il mondo religioso. In questo caso, La teoria degli antichi astronauti, così ribattezzata, apre a una contesa che vede coinvolte tutte, ma proprio tutte, le dottrine religiose presenti sul nostro pianeta. Se dio si è fatto uomo, secondo Sitchin, questo avvenne per intercessione degli Anninaki. Esseri superiori non perché in possesso di poteri divini ma, al contrario, umanoidi evoluti a tal punto da riuscire a manipolare lo stesso gene umano, in modo da poter creare quell’essere moderno conosciuto al giorno d’oggi. La creazione diventa il punto cruciale di questo, se così possiamo chiamarlo, scontro, fino a pochi anni prima, e per millenni, prerogativa di un dio dai mille nomi e mille volti. Con Zecharia Sitchin la questione riguardante dio prende una piega bene diversa. Abbandonata quell’aura mistica, onnipotente e immortale, all’interno de Le cronache terrestri, il creatore altro non è che uno scienziato, un dottore capace, così scrive testualmente Sitchin all’interno del secondo testo dal titolo Le astronavi del Sinai, di creare vita in provetta, provvedendo, così come si fa in questi tempi moderni, a quella denominata fecondazione artificiale, andando a fondere il genoma umano, quindi terrestre, con quello avanzato degli Annunaki, dando vita, e il via, a quella maratona evolutiva che ci ha condotto fin qui, in questo XXI secolo fatto di grandi scoperte e intelligenze artificiali. È questo, a grandi linee, l’universo tracciato da Zecharia Sitchin, un viaggio dove l’assurdo diventa possibile, la fantascienza diventa realtà. In qualunque modo la si pensi sul conto del viaggiatore delle stelle, Le cronache terrestri resta uno dei lavori più affascinati e completi sul conto di coloro che, a oggi, non abbiamo conosciuto personalmente ma che, in un passato remoto, potrebbero essersi presentati, sotto alcuni aspetti, come amici.
Armando