Il rapporto Letteratura – Cinema

Un rapporto nato sin dagli albori del cinema stesso. Già nel XIX secolo l’attingere dai romanzi e pièce teatrali risultò per il cinema un’inesauribile fonte di trasposizioni tutte buone per il grande schermo. Inoltre grazie al montaggio, allora analogico, si potevano creare effetti che altrimenti sarebbero stati impossibili da ottenere su un palco teatrale. Non fu un avvio facile quello del cinema. Il problema principale riscontrato è essenzialmente uno: il distacco creato dal nuovo mezzo tra opera riprodotta e spettatore. Infatti, alcuni cineasti dell’epoca considerarono erroneamente il cinema come un qualcosa di passeggero. Insomma non si aspettavano una lunga permanenza in quella che possiamo tranquillamente definire nuovo piacere ricreativo di massa. Già i famosi fratelli Lumière, i francesi a cui possiamo attribuire la consacrazione delle immagini in movimento, non nutrivano grandi speranze per questo nuovo mezzo. Il loro errore di valutazione costò loro l’allontanamento prematuro da questo mondo e dal suo mercato, visto che il mezzo venne poi sfruttato a pieno regime oltre oceano. Negli Stati Uniti d’America a fare la parte dei veri e propri pionieri coraggiosi possiamo ricordare tra gli altri i fratelli Warner. Nonostante ciò, i Lumière hanno il loro posto nella storia di questo mezzo, forse una magra consolazione ma dettata comunque da scelte fatte in piena autonomia. Già dai primi anni 20’ del XX secolo le produzioni iniziarono ad attingere dalla letteratura con sempre più insistenza. Abbandonate le riprese lunghe di paesaggi e di mezzi in movimento, come il famoso treno dei Lumière causa di scompiglio in una sala parigina, il cinema è pronto a osare. Il nuovo mezzo cerca un confronto con i grandi scrittori in modo da rendere le loro opere più reali possibili. I cineasti di quei tempi dovettero sin da subito confrontarsi con la realtà: non era possibile riprodurre fedelmente un romanzo. Andavano necessariamente apportate modifiche, non solo tagli riguardati episodi citati nel testo ma soprattutto cambiando in alcuni casi radicalmente la storia originale. Proprio da qui nacque il detto “è sempre meglio il libro del film”. Frase questa che oggi, nonostante le modernità introdotte e gli effetti speciali, risulta quanto mai veritiera. Gli spettatori dell’epoca rimasero, questo è certo, impressionati da quelle immagini in movimento. Immagini che ripercorrevano in un certo qual modo le vicende dei personaggi apprezzati su carta ma sin da subito lo stesso storceva in naso su quanto proposto. Una risposta a questa presa di posizione credo si possa provare a dare. Quando leggiamo un libro abbiamo la possibilità d’immaginare lo scenario, i personaggi e trarre le nostre impressioni in maniera del tutto autonoma e soggettiva. La trasposizione cinematografica, per quanto studiata e discussa da un team di più persone non riuscirà mai a dare le stesse impressioni ed emozioni della versione cartacea. Quest’ultima rappresenta, come detto, la visione soggettiva che sarà diversa da individuo a individuo. Il cinema, al contrario, restituirà una versione oggettiva che non riuscirà ad avvicinare il lettore, ora spettatore, al prodotto cinematografico. Questo si sentirà escluso da un contesto che ha visto, e dunque vissuto, in altra maniera.

Armando

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