Anne Rice – Intervista col vampiro

Una stanza buia. Un registratore acceso. Un giornalista. E un vampiro. Da quasi due secoli, ormai, Louis de Pointe du Lac non è più un uomo: è una creatura della notte, e ha tutta la notte a disposizione per convincere Daniel, il giornalista, che la storia che gli sta raccontando è vera. Così come è vero il suo volto, tanto pallido ed esangue da sembrare trasparente, di una bellezza soprannaturale e per sempre cristallizzata. Louis racconta di come abbia ricevuto il dono (o forse la maledizione?) della vita eterna proprio quando non desiderava altro che la morte. È il 1791, è un’altra New Orleans, e Louis, in seguito al suicidio dell’amatissimo fratello, vorrebbe soltanto seguirne il destino. Ma la seduzione del dono oscuro è potente, specialmente se ha i modi, la voce e l’aspetto di Lestat. Sensuale e affascinante, crudele e allo stesso tempo capace di profonda commozione, Lestat ha bisogno di Louis tanto quanto Louis ha bisogno di lui. Quando infine, dopo anni di scorribande notturne, Louis sta per decidersi ad abbandonare Lestat, questi gli fa il regalo più grande: Claudia. Una bambina di appena cinque anni, in fin di vita, che solo il dono oscuro può salvare. L’unico peccato che il sacrilego e irriverente Lestat non si può permettere: creare una vampira di soli cinque anni. Una vampira bambina, che non crescerà mai. E sarà l’inizio della fine

Anne Rice è più di una semplice scrittrice. È stata in grado da sola di conferire nuova vita al vampiro sin dalla seconda metà del XX secolo. Una creatura questa devastata e fin troppo sfruttata da quando nel 1897 Bram Stoker pubblicò il suo capolavoro, Dracula. Fu lui infatti a dare risalto e fama a una creatura fino a quel momento relegata a nient’ altro che mostro protagonista del folclore popolare proveniente dell’est Europa. Senza il genio della Rice, il vampiro rischiava di sparire in maniera troppo prematura. Il suo conferirgli dei sentimenti, farlo parlare in prima persona sono i punti principali di questa svolta. Così facendo, la scrittrice statunitense, ha permesso alla creatura stessa di mostrare non solo il suo essere mostro ma il suo modo di vedere la vita sotto un punto di vista completamente differente. Punto cruciale di questo romanzo è la solitudine del diverso. Il vampiro della Rice, infatti, non sembra sentirsi parte attiva del mondo che lo circonda, troppo diverso da quelle abitudini che il povero essere è costretto a vivere. Cerca conforto nei suoi simili che, nonostante i buoni propositi e le belle parole, sembrano pian piano auto emarginarsi da qualsiasi contesto. Questo loro allontanarsi da una dimensione che non gli appartiene, essendo creature che non appartengo a un’epoca definita causa il castigo della vita eterna, sembra pesare e non poco. Un peso questo che causa dolore su quell’animo che risulta, a questo punto, in netta contrapposizione con la figura fino ad allora conferita al vampiro, quella del semplice succhia sangue. Figura con cui, suo malgrado, il vampiro è costretto a coesistere, essendo parte comunque della sua natura. Alla Rice va fatto l’elogio più grande: nonostante le difficoltà è andata avanti senza curarsi della “sentenza” che il mondo editoriale e successivamente quello del cinema hanno posto su questa creatura. La scrittrice statunitense ha creduto nel potere che i lettori, e solo loro, possono conferire a un personaggio, ridando vita così alla creatura vampiro e meritandosi di diritto la nomea di “Regina delle tenebre”.

Punteggio:

Armando

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